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Comunità e Territorio

 

Il fenomeno degli assetti fondiari collettivi affonda le radici nella notte dei tempi.

In molte località europee sopravvivono proprietà collettive: consorterie, vicinie, regole, università, partecipanze, sono alcuni dei nomi che le contraddistinguono. 

In Italia essi sono un ordinamento giuridico primario della Comunità, che  la Repubblica tutela e valorizza  in quanto :

  • elementi fondamentali per la vita e lo sviluppo delle collettivita' locali;
  • strumenti primari per assicurare la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale nazionale; 
  • componenti stabili del sistema ambientale;
  • basi territoriali di istituzioni storiche di salvaguardia del patrimonio culturale e naturale;
  • strutture eco-paesistiche del paesaggio agro-silvo-pastorale nazionale;
  • fonte di risorse rinnovabili da valorizzare ed utilizzare a beneficio delle collettivita' locali degli aventi diritto.

(Legge 20 novembre 2017, n° 168)

La realtà delle proprietà collettive rappresenta una forma di proprietà e di utilizzo dei beni che si caratterizza come diversa e distinta rispetto sia alla proprietà privata che pubblica.  Questo ordinamento dalle origini antiche, stabilisce diritti collettivi di godere e di gestire il territorio.
Un ritorno al passato che diventa un’importante azione per il futuro, perché le terre, il bosco, le risorse, le fonti, i corpi idrici, il pascolo sono ricchezze fondamentali per il territorio, spesso non adeguatamente sfruttate, "idonei non di rado ad una forte valorizzazione economica, ben lontana dai tradizionali diritti di pascolo o legnatico, ad esempio, nel campo turistico e ambientale" (Procuratore Generale della Corte dei Conti, Alberto Avoli, Rendiconto generale dello Stato per l’esercizio 2018)

Lo stesso territorio appartenente alle proprietà collettive viene, specie in alcune regioni, continuamente violentato da interessi locali con una frenetica e continua aggressione al paesaggio, diventa fonte di arricchimento per privati a danno della qualità della vita e della salute della cittadinanza, determinando un nuovo oblio delle identità e del patrimonio territoriale.

I beni soggetti a usi civici - che sono e continuano a essere inalienabili, inusucapibili, imprescrittibili e immutabili - non si possono vendere, le eventuali cessioni, dal punto di vista giuridico, sono reati. Si tratta quindi di un patrimonio naturale, culturale ed economico a disposizione della popolazione ed in comproprietà, da valorizzare, conservare e tramandare di generazione in generazione, di padre in figlio. 

Le proprietà collettive si pongono quindi come strumenti primari per assicurare la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale nazionale, perché tutelando tutte le esternalità presenti sul proprio territorio salvaguardano anche i beni comuni e, in sostanza, l’intera collettività.

Diventare "Utente monte"

I nuclei familiari residenti da almeno 5 anni nel territorio dell'Ente hanno diritto di diventare Utenti Monte, e di partecipare così in prima persona all'amministrazione del patrimonio antico dell'ente collettivo - ovvero le terre di originaria proprietà e i corpi idrici sui quali i residenti esercitano usi civici - così come riconosciuto anche dalla recente legge 168/2017, art.2:

Le comunioni familiari vigenti nei territori  montani continuano a godere e ad amministrare loro beni in conformità dei rispettivi  statuti  e consuetudini, riconosciuti dal diritto anteriore

Tale diritto si esercita esclusivamente dietro istanza del rappresentante del nucleo familiare, presentando (presso la sede della Comunanza Agraria o in occasione delle Assemblee degli Utenti Monte) la richiesta allegata accompagnata dai documenti di identità di una simbolica "tassa" Utente Monte una tantum.

Si entra cosi a far parte della comunione familiare degli utenti monte. Per noi la terra è il luogo di manifestazione di valori sociali, ambientali e paesaggistici delle comunità di riferimento percepite come ininterrotte catene generazionali1 e in cui la "terra", in quanto bene collettivo, è  strettamente collegata al godimento della collettività e delle sue generazioni future, ed è oggetto non già di sfruttamento ma di buon governo2.

Infatti solo le comunità che si trasmettono e conservano per generazioni non solo il bene, ma anche il patrimonio di sapienza collegato ad esso, riescono ad acquisire nel tempo una conoscenza profonda dell’ecosistema 3 così da poterlo governare secondo una nuova declinazione che valorizzi gli interessi ambientali, cioè l’utilizzo razionale e responsabile delle risorse naturali in attuazione del principio dello sviluppo sostenibile.4

Poichè solo le comunità locali che da secoli popolano un ecosistema conoscono i meccanismi profondi, i servizi e i limiti necessari alla sopravvivenza degli ecosistemi stessi5, riportare le famiglie della comunità gualdese a vivere, conoscere, amministrare in prima persona i propri assetti fondiari collettivi è il fine che la Comunanza Agraria persegue costantemente.
Il dovere di amare e curare il nostro tesoro naturale è di ciascuno di noi, e non è più delegabile.

Per qualsiasi dubbio o ulteriore informazione si può contattare la Segreteria della Comunanza Agraria o direttamente in sede, in via Bersaglieri n°1, Gualdo Tadino (aperta il mercoledi e venerdì ore 9:00 - 12:00) o telefonicamente al numero 371 338 4 228 in orario di ufficio.

 

note: 
1: prof. Paolo Grossi, giurista e storico italiano, Presidente Emerito della Corte costituzionale
2,4 : prof. Mauro Pennasilico, docente ordinario di Diritto, Università degli Studi di Bari Aldo Moro
3,5: prof. Giancarlo Montedoro, docente di diritto pubblico dell’economia presso la facoltà di Economia dell’Università LUISS Guido Carli

Allegati:
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